domenica 7 luglio 2013

DIECI CONSIGLI DI ALBERT EINSTEIN

DIECI CONSIGLI DI ALBERT EINSTEIN
1. Segui la tua curiosità
“Non ho nessuno talento speciale. Sono solo appassionatamente curioso.”
2. La perseveranza ha un valore inestimabile
“Non mi considero particolarmente intelligente, è solo che mi dedico ai problemi molto a lungo.”
3. Poni il presente al centro della tua attenzione
“Qualsiasi uomo che guida in maniera sicura mentre bacia una bella ragazza è un uomo che non sta dando al bacio l’attenzione che merita.”
4. L’immaginazione è potente
“L’immaginazione è tutto. E’ l’anteprima delle attrazioni che il futuro ci riserva. L’immaginazione è più importante della conoscenza.”
5. Non avere paura di sbagliare
“Una persona che non ha mai sbagliato è una persona che non ha mai provato nulla di nuovo.”
6. Vivi nel momento
“Non penso mai al futuro: arriva abbastanza presto.”
7. Crea valore
“Impegnatevi cercando di creare non il successo, ma il valore in quello che fate.”
8. Non essere ripetitivo
“Follia: fare e rifare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati differenti.”
9. La conoscenza deriva dall’esperienza
“Informazione non è conoscenza. La sola fonte di conoscenza è l’esperienza.”
10. Impara le regole e giocherai meglio
“Devi imparare le regole del gioco. E poi devi giocarci meglio di chiunque altro.”

sabato 6 luglio 2013

Il sigillo della fiducia in se stessi

Il sigillo della fiducia in se stessi


La fiducia in se stessi dipende dal voto che diamo nella quotidianità a noi stessi, il nostro vivere e il raggiungimento di un obiettivo.... è semplicemente una stima, una valutazione, o se vogliamo la risposta alla domanda: ”Cosa penso di me?”.
Se ci valorizziamo la nostra autostima sarà alta altrimenti sperimenteremo quella che viene chiamata bassa autostima.
Chi ha bassa autostima, per esempio, mostra scarsa fiducia nella propria persona e nelle proprie capacità; si sente spesso insicuro, non è in grado di contare su se stesso e manifesta diverse paure legate soprattutto alla propria percezione di inadeguatezza e incapacità. Per fare un esempio, se una persona con bassa autostima si trova dover prendere una decisione importante, proverà un senso di incertezza molto forte e la sensazione che qualunque scelta farà si dimostrerà sbagliata; al contrario, una persona con una solida autostima sceglierà senza troppe preoccupazioni e indecisioni la via ritenuta migliore.
È importante specificare che l'autostima è un fattore dinamico, che evolve nel tempo e subisce variazioni anche notevoli nel corso della vita. Non si nasce con la giusta autostima, essa va piuttosto coltivata, curata, alimentata durante il corso dell'esistenza. Se una bassa autostima si dimostra un fattore di ostacolo nella vita di una persona, allo stesso modo un'autostima eccessiva può avere effetti deleteri. Ad un estremo ci sono infatti coloro la cui autostima è bassa, all'altro estremo coloro che godono (soffrono) di eccessiva autostima, finendo spesso col sentirsi sempre sicuri di stessi e ritenendo di fare sempre la cosa giusta, anche quando le cose non stanno così. Queste ultime persone corrono il rischio di non "accorgersi" dei propri errori, dal momento che la loro sicurezza personale è così elevata da renderli incapaci di vedere alternative di comportamento diverse da quelle prese in considerazione. Si parla in questo caso di autostima ipertrofica, ovvero ipersviluppata. Chi la possiede, come già accennato, si mostra particolarmente sicuro di sé, spesso orgoglioso, ma anche presuntuoso e testardo. Incapace di guardarsi indietro, di analizzare il proprio passato insieme agli errori commessi per trarne insegnamento.
Come frequentemente accade la virtù sta nel mezzo; nel caso dell'autostima questa affermazione è sicuramente appropriata. Una sana autostima si manifesta nella capacità di percepirsi e di rapportarsi a se stessi in modo realistico, positivo, rilevando i punti forti e quelli deboli, amplificando ciò che è positivo e migliorando quello che invece non lo è. Significa anche essere in grado di ammettere che c'è qualcosa che non va quando le circostanze lo richiedono. Una persona con una sana autostima non è infatti perfetta, ma al contrario di chi non si rispetta abbastanza sa come valorizzare le proprie abilità e capacità e come tenere sotto controllo i difetti e le parti del proprio carattere meno amate. La sana autostima è indipendente dal giudizio degli altri, è caratterizzata da una profonda conoscenza di se stessi, aiuta a mantenere i punti di forza ed a migliorare quelli di debolezza, promuove obiettivi stimolanti ma non eccessivi, spinge la persona al confronto con se stessa e con gli altri.

Tanto più il "come siamo"  è lontano da il “come vorremmo essere”  tanto più ci si sente come persone di minor valore e si prova insoddisfazione nei propri confronti.
Un esempio può essere quello di una persona che vive una relazione affettiva insoddisfacente; nella sua mente immagina una relazione ricca e appagante mentre nella realtà quello che vive è una rapporto scadente e lontano dal suo ideale.
La prima cosa da capire quando sperimentiamo bassa autostima è quindi chiedersi: cosa sto valutando di me stesso? Perché è così importante per me?
L’autostima è solo una componente del nostro benessere psicologico ma funziona come una particolare lente che ingigantisce o miniaturizza le nostre risorse personali. 
Chi sperimenta bassa autostima non sentendosi sufficientemente sicuro del proprio valore e delle proprie qualità, evita di scegliere e agire per un eccessivo timore di sbagliare,  sperimenta maggior incertezza e difficoltà a staccare dalla situazione problematica per cercare una soluzione e quando vive un insuccesso soffre maggiormente, associando l’accaduto esclusivamente ad una sua mancanza mentre quando sperimenta un successo tende a svalutarlo, sminuirlo. 
La base da cui partire è quella di considerare che una bassa autostima non è una condizione permanente; ci sono dei momenti e dei periodi particolari in cui la nostra autostima è bassa e altri no. 
E' una condizione che si può variare.
Chi sperimenta bassa autostima infatti vive la sensazione di perdere il controllo dei propri stati d’animo sentendosi spesso mancare le forze e la determinazione per raggiungere i propri obiettivi. 

Gli elementi chiave 

Per migliorare la propria autostima è importante occuparsi dei seguenti aspetti:

 Scoprire quali sono i propri valori fondamentali e quindi fare chiarezza con se stessi rispetto quello che si vuole e quello che non si vuole nella propria vita.Vivi sempre coerentemente ai tuoi valori e sviluppando tuoi talenti naturali
Le cose veramente importanti per te sono quelle che devono guidare le tue decisioni. Se agisci in contrasto con i tuoi valori perderai la stima di te stesso e rimarrai prigioniero di uno strisciante senso di insoddisfazione. L’autostima arriva da sé quando sai di agire con coerenza a ciò che ritieni giusto, alle tue aspirazioni, al tuo schema di riferimento di base per le tue valutazioni. Seguire i tuoi valori alimenta l’amore per te stesso, l’apprezzamento, l’accettazione indipendentemente dai difetti e dalle prestazioni, alimenta un’autoimmagine positiva, ti fa sentire all'altezza delle tue capacità, e dà fiducia a te stesso, sapendo di aver risposto in maniera adeguata alle situazioni importanti. Lo stesso avviene quando sfrutti i tuoi talenti: quando lo fai riesci bene senza sforzo e il successo ti dà fiducia, genera una visione positiva di te stesso e ti fa amare te stesso ancora di più.
 Per tendere alla perfezione devi saper convivere con i tuoi difetti
Se vuoi avere successo devi saper convivere con la possibilità di non avere successo. Vuoi sapere come si fa a non fallire? Aprendosi alla possibilità di fallire un certo numero di volte. Mettendoti nelle condizioni di poter sopportare e superare il fallimento. Per prima cosa metti Se metti in conto l’insuccesso, poi fai tutto il possibile per prevenirlo e superarlo. Qualsiasi cosa vale la pena fare, vale la pena farlo male all’inizio finché non si impara a farlo bene. Se vuoi imparare a parlare bene in pubblico, devi essere disposto a farlo in modo mediocre all’inizio, studiare, provare, verificare, migliorare, riprovare, verificare e migliorare….cerca la lezione positiva in ogni delusione, ne troverai sempre una. Chiediti sempre cosa hai fatto bene e cosa avresti potuto fare di diverso. Questa è l’unica via verso il miglioramento e il successo.
 Riconoscere le proprie emozioni distruttive: imparare a riconoscere ed entrare in contatto con emozioni maggiormente sane e che ci sostengano nei momenti di difficoltà.
 Invece di cercare di predire il futuro agisci per far sì che il futuro sia quello desiderato
Le persone con bassa autostima cercano di immaginarsi il futuro e quello che vedono (quello che cercano) è il peggior scenario possibile. Così trovano tutti i motivi per non agire (leggi “non migliorare, non cambiare, non raggiungere il successo”). Le persone che confidano in loro stesse sono determinate a far sì che il futuro sia come loro desiderano. Agiscono per rendere probabile il futuro desiderato. Puntano sul possibile contro il probabile e così facendo rendono probabile il possibile anziché rendere certo il probabile.
 Lavorare sull'immagine di se: molto spesso ci armiamo di buoni propositi e determinazione (voglio dimagrire, voglio smettere di fumare etc..) ma se prima non modifichiamo l’immagine che abbiamo di noi stessi tenderemo inconsciamente a sabotarci.
 Cura il tuo aspetto. Ho sempre preferito l’essenza all'apparenza, ma curare se stessi, il proprio aspetto fisico ed il modo in cui ci vestiamo può avere un importante impatto sulla nostra autostima. A volte, quando ci sentiamo giù di corda e fuori forma, un po’ di attività sportiva, una bella doccia ed il nostro capo di vestiario preferito sono un toccasana per aumentare la fiducia in noi stessi.
 Ripensa il modo in cui ti pensi. Curare il proprio aspetto, non solo ci fa sentire meglio, ma ci aiuta a creare una nuova immagine di noi stessi. 
Gran parte del nostro livello di autostima è legato all'immagine che proiettiamo di noi stessi nella nostra mente. 
Non sempre questa immagine è reale e spesso tendiamo a dare maggior peso ai nostri difetti piuttosto che ai nostri pregi. Questa immagine non è scolpita nella pietra: modificala come se avessi a disposizione uno di quei programmi di ritocco digitale. 
Non si tratta di mentire a se stessi, ma al contrario di equilibrare i nostri pregi e difetti.
 Impara a definire i tuoi obiettivi. Un’altra importante componente della nostra autostima è legata agli obiettivi che riusciamo a centrare. In alcuni periodi la nostra vita sembra costellata da continui fallimenti; le cause possono essere molteplici: la dannata sfortuna (molto meno di quanto crediamo), la nostra mancanza di auto-disciplina (spesso, ma non sempre), gli inevitabili ostacoli che non avevamo preventivato. Eppure, spesso non riusciamo a centrare i nostri obiettivi a causa di come li definiamo. Obiettivi migliori possono condurci a risultati migliori e di conseguenza ad una maggiore autostima.
 Scrivi un diario personale. Il più delle volte ricordiamo benissimo i nostri fallimenti e tendiamo a dimenticare i nostri successi; per questo motivo un diario personale, in cui raccogliere quotidianamente i nostri pensieri e le nostre esperienze (positive e negative), può aiutarci ad avere un’immagine più oggettiva dei risultati che abbiamo raggiunto nel passato. Conoscere te stesso, quello che hai già affrontato ed il modo in cui ne sei uscito, può essere una spinta fondamentale per aumentare la fiducia in te stesso.
 Parla lentamente. Non smetterò mai di sorprendermi di come il nostro corpo e la nostra gestualità influenzino la nostra mente e viceversa. Un famoso detto americano dice “fake it till you make it” (fai finta, finchè non ci riuscirai): questo significa che ancor prima di avere un’elevata autostima dovresti fingere di comportarti come qualcuno molto confidente. Qualche esempio pratico? Prova a parlare lentamente: chi parla in modo fermo e pacato dimostra di avere piena padronanza dell’argomento e di non doversi precipitare per esprimere la propria opinione.
 Se l’hai fatto almeno una volta puoi farlo di nuovo
Ti sei mai sentito invincibile? Sicuro del successo? Pronto a sfidare il modo. Scommetto che più di una volta nella tua vita hai provato questa sensazione? Bene, come è andata? Probabilmente le tue sensazioni, il tuo stato d’animo, le tue emozioni ti hanno dato la forza per raggiungere il risultato desiderato. Può essere stato in occasione di un grande progetto che hai completato, potrebbe essere stato in una occasione banale come una partita a calcetto o a carte. Non importa in che occasione è successo. Quello che importa è che è successo. Perché quando credi di potercela fare ce la fai e quando credi il contrario non arrivi al risultato. Perché? Il successo o l’insuccesso dipende da te, da quello che credi in un dato momento. Quando devi fare qualcosa e sei preso dallo sconforto, ripensa a quel momento in cui eri nel pieno delle tue potenzialità. Pensa ai tuoi successi e così caricato agirai nel migliore dei modi.
 I tuoi standard di riferimento non sono gli altri, sei tu stesso quando sei al meglio
Se è vero che può essere utile ispirarsi a qualcuno che rappresenta il punto di arrivo e su cui “modellarti” ricordati che qualsiasi modello deve essere adattato a te stesso. Tu sei unico. Non devi “scimmiottare” ma ispirarti agli altri sfruttando le tue peculiarità. Tu riesci a percepire ciò che puoi diventare. Quello è il livello a cui puntare. Ogni volta che raggiungerai una tappa del tuo percorso sentirai di poter andare oltre. Allora potrai fissare ad un livello più alto il tuo standard. Il miglioramento personale è un processo graduale e continuo.
 Fai leva sui tuoi punti di forza e anche… sui tuoi punti deboli
Non hai bisogno di essere diverso da quello che sei. Se forzi te stesso fuori dalla tua persona non ti sentirai a tuo agio, non agirai al meglio delle tue possibilità. Gli altri si percepiranno una mancanza di naturalità. Sii te stesso. Anziché forzare te stesso ad essere diverso prova piuttosto ad essere ancora di più te stesso. Pensa in quale contesto quelli che oggi consideri i tuoi punti deboli possano risultare delle potenzialità e con questa consapevolezza agisci.
 L’autostima s’impara
L’autostima, come tutte le cose, s’impara con la pratica. La sviluppi decidendo di agire come se già avessi tutta la confidenza che ti serve. Simulandola finché non la sviluppi realmente. L’insicurezza genera insicurezza, i dubbi che sollevi ostacolano il tuo potenziale più dei tuoi reali limiti. Se agisci ripetutamente con risolutezza svilupperai l’abitudine ad agire con confidenza e la mancanza di autostima diventerà un ricordo. Se ti allenerai a non ti preoccuparti di quello che la gente può pensare di te inizierai ad accorgerti che la gente non sta affatto pensando a te nei termini in cui credi, anzi, molto spesso non sta affatto pensando a te! Concentra l’attenzione su quello che vuoi piuttosto che su quello che possono pensare gli altri. Naturalmente questa non è una licenza a prevaricare gli altri, i risultati non si ottengono contro gli altri ma con gli altri! Ma il giudizio degli altri non deve essere né un ossessione né un alibi.
  Dai agli altri più di quello che loro si aspettano da te e sarai pienamente confidente in te stesso
Più dai agli altri e più riceverai indietro. Aiutare gli altri alimenta il rispetto di te stesso. Più rispetti te stesso, più ti sarà facile star bene con gli altri e rispettarli e più gli altri ti rispetteranno. Fai sentire importanti gli altri e ti sentirai importante. Alimenta l’autostima degli altri e alimenterai la tua. Fai tu per primo quello che vorresti gli altri facessero e gli altri ti seguiranno.

E’ importante considerare l’autostima come una spia di allarme; quando cala ci avvisa che stiamo inseguendo desideri altrui trascurando quelli che sono i nostri reali bisogni.



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domenica 30 giugno 2013

Come superare la paura dell'abbandono.

Come superare la paura dell'abbandono.


Amore ti prego non abbandonarmi… questa frase quante volte l'avete pronunciata e l'avete sentita pronunciare?
La paura della separazione è comune sia nei bambini, sia negli adulti. 
Vediamo come vincerla.

Il bisogno di essere nel branco è un bisogno naturale; è qualcosa di biologico ed attiene alla sopravvivenza.

Smettiamola anche solo per un attimo di pensare di essere creature sovrannaturali; di fatto siamo solo animali un po' più intelligenti. Ma se perdiamo il contatto coi nostri bisogni, possiamo diventare i più stupidi degli esseri viventi.
L'animale ha chiaro il bisogno di non essere abbandonato e rispetta le gerarchie per poterlo evitare; si prende le sue responsabilità.
Noi no!
Abbiamo mescolato nella nostra testa bisogni prettamente filosofici con altri squisitamente pratici, biologici e di sopravvivenza.
E' chiaro che questi due aspetti devono equilibrarsi tra loro se non vogliamo cadere in conflitto.
Possiamo rintracciare le radici della nostra paura dell'abbandono da più direzioni.
Partendo da quello primordiale, se ci spostiamo sul piano cosmico, la paura dell'abbandono inizia esattamente con la nascita dell'universo.
Dalle nostre conoscenze attuali, è possibile che inizialmente l'intero universo fosse costituito da un'unica microparticella, estremamente compressa e densa.
A seguito di alcune reazioni chimiche nucleari, ci fu un'esplosione e l'espansione dello spazio, con la conseguente formazione delle stelle ed in seguito i pianeti. Tutta la materia esistente è scaturita da un unico punto, che è esploso e si è separato in un numero impronunciabile di parti.
Immaginate di essere voi a vivere in quella situazione ancestrale; le vostre particelle sono le stesse che si trovavano in quell'unica superparticella. La separazione di quella materia corrisponde alla separazione tra voi ed i vostri fratelli; la memoria dell'abbandono è una trasposizione di quell'abbandono.
E' la paura primordiale, la caduta dal Paradiso, l'Uno che diventa molteplice o come volete identificarlo.
Con l'evoluzione della materia, c'è stata una conseguente evoluzione e salto nelle forme di vita. Ad un tratto si sono formate le specie viventi ed infine le specie di branco.
In questo gruppo siamo compresi anche noi uomini come ben sapete. Ma è qui che l'abbandono si riattiva, perchè la nostra specie non è in grado di vivere da sola.
Esistono animali che nascono da uova, a volte nemmeno covate; dopo che le uova si schiudono le piccole creature sono già in grado di muoversi e procurarsi il cibo da sole.
Non solo l'uomo non è in grado di farlo, ma è anche incompleto alla nascita. Poichè il nostro sistema nervoso è molto sviluppato, non è stato possibile nascere con il cervello pienamente sviluppato. Per questo motivo per tutto il primo anno di vita si completa il processo di formazione dei neuroni, altrimenti la testa del bambino sarebbe stata troppo grande per passare dal condotto vaginale, portando a morte di parto sia per la madre che per il figlio.
Se il bambino viene abbandonato, è morto, perchè incapace di cavarsela da solo. Questo pericolo genera un terrore enorme in quanto è il primo rischio concreto con cui si trova ad avere a che fare, non è una mera ipotesi, per lui è una certezza.
Nel branco è assolutamente necessario che ci sia qualcuno che si occupi dei cuccioli; molti elementi del gruppo di norma non riproducono, visto che è un privilegio del maschio dominante. E' per questo che molti animali si dedicano all'allevamento dei cuccioli altrui, svolgendo una funzione fondamentale,
Se non lo facessero ci sarebbe un rischio enorme per la sopravvivenza della specie. E di questo abbiamo tutti avuto paura.
Questa paura è condizionante; i nostri comportamenti sono tanto influenzati da questo rischio quanto più ci siamo sentiti incapaci di cavarcela da soli.
Per renderci conto meglio di cosa intendo, illustrerò un esempio che faccio spesso ai corsi dal vivo.
Il branco dei cavalli, è caratterizzato dal fatto di mantenere anche i puledri al suo interno, protetti da una barriera di adulti in cerchio intorno a loro.
Talvolta capita che uno di questi puledri si comporti in maniera destabilizzante per il branco, causando problemi. Potremmo dire che quel cavallino è una testa calda.
Tuttavia la madre non si fa troppi problemi e lo caccia fuori dal gruppo in cui era protetto.
A quel punto il cavallo vive un senso di rigetto ed è stato colpito dal terrore di restare solo. Infatti quando si è fuori dal gruppo, si è esposti al pericolo dei predatori; il rischio è quello di essere sbranato vivo.
Per questa ragione il cavallino farà di tutto per rientrare nel branco, anche se si vedrà spesso opporre un rifiuto. Dopo diversi tentativi, la madre decide di cambiare idea e di riammetterlo con gli altri. Il cavallino entrerà di nuovo nel suo vecchio posto ma sarà totalmente sottomesso, con la testa bassa, non darà più fastidio, perchè sa che se creasse nuovi problemi verrebbe buttato fuori definitivamente.
Le persone che si sentono abbandonate vivono questo tipo di terrore.
Non è tanto l'abbandono in se stesso a spaventare, è la paura di non potercela fare da soli, è il terrore di essere mangiati vivi; è questo che caratterizza l'abbandono ed i nostri comportamenti conseguenti.
Le reazioni fisiologiche possono essere diverse: ci sarà chi ingrasserà molto, per sentirsi protetto. Perchè se sei abbandonato vuol dire che non c'è più nessuno a difenderti. Se ingrassi crei uno scudo protettivo maggiore intorno a te; inoltre ricalcherai l'atteggiamento di quegli animali che per spaventare l'avversario si gonfiano, come alcuni pesci o il gatto quando rizza il pelo.
Altri invece avranno dolori allo stomaco; si sentiranno incompresi dalla famiglia e abbandonati nei loro bisogni.
Il punto è che se vi sentite abbandonati farete un insieme di scelte che vi faranno limitare il rischio ma che richiederanno un alto prezzo da pagare.
Ci sono molte persone che vivono relazioni totalmente insoddisfacenti, da anni, solamente perchè hanno paura di soffrire l'abbandono e non riescono a troncare un legame.
Interessante questo tipo di situazione, poichè per paura di soffrire ipoteticamente, accettano di soffrire senza dubbio per un rapporto spiacevole, svalutante e senza alcuna passione, ai limiti della depressione.
Altri, per paura di venire abbandonati dalla loro cerchia di amicizie, assumeranno dei comportamenti totalmente sottomessi. Rinunciano alle proprie necessità perchè temono di non venire accettati e dunque di essere espulsi, di restare soli e sbranati vivi. Ma la realtà è che se in un gruppo non potete essere come siete davvero, significa che quel gruppo non vi apprezza e che voi non avete molto da spartire con loro.
Non ha senso restare in una situazione sfavorevole, solo per la paura di essere soli, per due motivi: 1) siete in pieno conflitto attivo costantemente, e dunque sarete malati a qualche livello; 2) più tempo state con una compagnia, con un partner, in un gruppo che non vi corrisponde, e meno possibilità avrete di sostituirli con un altro realmente adatto a voi.
Bisogna chiarire che non esiste una paura dell'abbandono se questo non è esistito davvero nella vostra storia personale e genealogica.
Se vi state chiedendo come mai questo è un tasto dolente per voi, analizzate la vostra vita sin dalla nascita. Siete stati accolti subito dalla madre?
 Siete andati a casa poco dopo o vi hanno ricoverato e messo in incubatrice per un determinato periodo?
Avete vissuto sempre con la famiglia o vi hanno affidato ai nonni per un tratto di tempo?
Quando vostra madre viveva la gravidanza, com'era la situazione in famiglia? 
Era insieme a vostro padre o c'era una crisi in corso? 
C'era comunicazione o il silenzio?
In genealogia, c'è qualche bambino rimasto orfano da piccolo nella vostra famiglia? 
C'è stato qualche bambino dato in adozione o ad un parente che non poteva avere figli suoi?

Cercate questi elementi perché sono tutte storie di abbandono, che se sono presenti nella vostra genealogia, non solo influenzano la vostra paura ma anche si ripeteranno con sfumature simili nelle vostre storie di vita personali.
Se temete di aver paura dell'abbandono, per prima cosa è importante riconoscere onestamente che si ha un problema: incolpare l’altro di essere un soggetto "abbandonico" (magari potrebbe anche esserlo) non risolverà mai questa sofferenza. Dopo che si è presa consapevolezza di avere un problema con le separazioni, ci si deve far aiutare con una psicoterapia, meglio se di tipo cognitivo comportamentale, ma anche quella junghiana e quella  relazionale possono dare ottimi risultato.
Nel frattempo, è utile mettere in pratica alcuni consigli.

1.  Smettere di sentirsi attratti sempre dalla stessa tipologia di persone “abbandoniche”. Una persona di questo tipo si può riconoscere subito da alcuni atteggiamenti. Per esempio vi dice che viene a cena a casa vostra, poi mezz’ora prima vi chiama per spiegarvi che ha un contrattempo e non può venire? Se succede due volte è già un segnale sospetto.
2.  Smettere di incolpare sempre l’altro/a per le sue mancanze, i suoi “prendo e lascio”. Se rimanete con questo tipo di persona siete complici e altrettanto responsabili.
3.  Ricordatevi che la vostra vita non dipende mai da qualcun altro, per quanto importante. Voi esistete sia se la persona amata è con voi, sia se vi lascia. Potrete provare dolore, anche grande, ma non è mai in discussione la vostra esistenza, la vostra identità, la vostra vita.
4.  Accettare di sentire il dolore quando si viene lasciati. Se negate a voi stessi quanto vi dispiace, sminuendo l’importanza della cosa, la sofferenza rimarrà dentro di voi e scoppierà al primo cedimento delle vostre difese.
5.  Accettare il fatto che essere lasciati da qualcuno che non ci ama più fa parte della natura dell’essere vivente, delle leggi della vita. Allo stesso modo, concedete il diritto anche a voi di poter lasciare, scoprendo che se non lasciate mai nessuno non è per amore, ma per la paura, in realtà, di essere abbandonati.
6.  Capovolgere la frase che esprime l’abbandono, “non posso vivere senza di te”, e modificarla in “posso vivere con te, ma posso anche vivere senza di te”.
7.  Ricordarsi che il vero amore è libertà. Che non significa “faccio quello che mi pare”, ma vuol dire che se cercate di legare qualcuno a voi a tutti i costi e non permettete che si distacchi da voi (questo vale anche per i figli), avrete costruito un legame falso. Potete farlo, ovviamente, ma non sarà mai e poi mai amore.

Quella dell’abbandono è una paura biologica: persino i cuccioli di animali feroci hanno il timore di essere lasciati dalla madre, per cui la seguono passo dopo passo.
La stessa cosa avviene al bambino perché dipende totalmente dalla mamma o da chi, eventualmente, la sostituisce.
Provate a pensare un bimbo fino a circa 6/7 anni di vita: non può procacciarsi il cibo, non sa cucinarlo. Non può comprare i vestiti, non sa indossarli.
Non può disporre di denaro con cui sopravvivere.
Non può gestire una casa.
Non sa difendersi da eventuali minacce.
È chiaro che tutta la sua vita dipende da altri, per prima dalla madre. Se lei dovesse abbandonarlo, per lui non ci sarebbero speranze di sopravvivenza. Pertanto perché stupirci se un piccolo ha paura di essere abbandonato al punto da disperarsi fino allo spasimo se avverte questa possibilità? Ma se lo stesso spasimo, la stessa disperazione colpisce un individuo adulto, al solo pensiero di essere abbandonato dal proprio partner, allora il discorso cambia. Non è più una paura biologica e naturale, ma comincia a sconfinare nella patologia, nella sofferenza, nella vita impossibile che vive chi soffre di questo disturbo e che rende impossibile vivere a chi gli sta vicino, con conseguenti disagi dal punto di vista relazionale.
Dalla paura alla separazione 
La paura dell’abbandono è una delle prime cause che generano instabilità nei rapporti sentimentali: è uno dei motivi che producono, alla lunga, una separazione. Infatti, paradossalmente, chi ha paura di essere abbandonato si comporta in modo tale da determinare nell'altro proprio la decisione di lasciarlo.
Ma perché un adulto dovrebbe avere paura di essere abbandonato con lo stesso terrore che ha il bambino piccolo?
In prima infanzia, se i genitori (prevalentemente la madre) non riescono a dare al figlio una base sicura, una certezza della loro presenza e del loro amore, se non sono in grado di aiutarlo a costruire la fiducia in se stesso, la consapevolezza delle proprie capacità, la sana autostima, quel bambino, diventato adulto, manterrà lo stesso senso di precarietà e di vulnerabilità che aveva da piccolo. Solo che nell'infanzia è normale percepirsi vulnerabili e fragili, nell'età adulta non è più reale, non è più vero.
Ma se avviene il fallimento di cui parlavo prima, allora l’adulto avrà un’idea di se stesso equivalente a quella del bambino e il pensiero che la persona amata possa lasciarlo lo getta nella stessa disperazione in cui cadeva quando era piccolo. 

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