domenica 16 febbraio 2014

Tuca tuca ...... il tatto

Tuca tuca ...... il tatto


Gli stimoli tattili, anche leggeri, vengono perfettamente recepiti dal bambino (come mostrano i riflessi che si hanno con il tocco della mano e del piede). I bambini percepiscono anche le variazioni di temperatura.
La relazione tatto-vista è già presente probabilmente nel primo mese di vita: il piccolo esplora gli oggetti mettendoli in bocca.
Ad esempio, tramite la percezione tattile orale i bambini di 1 mese esplorano due succhiotti (senza vederli), successivamente mostrando gli stessi succhiotti i bambini hanno preferito quelli di cui avevano sperimentato la percezione nella bocca (Meltzoff, Borton, 1979).
Si tratta di una percezione inter-modale: ciò che conosco attraverso una modalità percettiva (tatto) lo trasferisco ad un’altra modalità (vita).
Ciò potrebbe significare che c’è già una rappresentazione mentale rudimentale dell’oggetto.
Gli stimoli tattili assumono anche forti connotazioni affettive, basti pensare alle coccole, all’allattamento, al cullare. Inoltre, si è visto che l’essere toccati in modo rassicurante e protettivo stimola la produzione di
ormoni della crescita e di ormoni che promuovono affiliazione e vicinanza.
Le esperienze tattili, comprese quelle di dolore, vengono memorizzate a livello implicito (cioè non consapevole e automaticamente) nel corpo, per cui bambini che hanno ricevuto da piccoli cure mediche,
mostrano ipersensibilità al dolore.


I neonati percepiscono il dolore?
Nel neonato l’organizzazione nervosa deputata al trasporto verso il cervello degli stimoli sensitivi si sviluppa rapidamente, mentre le vie inibitorie, che dal cervello modulano l’intensità degli stimoli in arrivo,
maturano più lentamente.
Ciò significa che il piccolo esperisce dolore in maniera più intensa rispetto agli adulti (lo sviluppo delle vie inibitorie si ha solo dopo alcune settimane).
In ambito pediatrico si utilizzano scale di valutazione del dolore che fanno riferimento all’osservazione allo stato di coscienza (se sveglio e vigile non prova dolore, se è difficile da risvegliare il dolore è costante e non
controllabile).
Coi bambini più grandi (età prescolare) si osservano altri comportamenti: espressione del visto, presenza di pianto, posizione del corpo. Inoltre si può far riferimento anche a parametri fisiologici, come

sudorazione, battito cardiaco, ritmo respiratorio …
Ovviamente, se il bambino sa esprimere ciò che sta percependo, si fa riferimento anche alla descrizione che egli ne offre.

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sabato 1 febbraio 2014

LA PERCEZIONE ATTRAVERSO I 5 SENSI

LA PERCEZIONE ATTRAVERSO I 5 SENSI



La percezione attraverso i 5 sensi (tanto, gusto, olfatto, udito, vista) è fondamentale per raccogliere le informazioni dall’ambiente e conoscere.
Come abbiamo visto a proposito dell’epistemologia ingenua, i bambini ritengono che ciò che percepiscono sia la realtà vera, in realtà già i processi percettivi costituiscono un’elaborazione di ciò che stiamo percependo. Infatti, da un flusso di stimoli, cogliamo e isoliamo alcuni elementi, che utilizziamo per dar senso a ciò che accade.
Il dibattito sull'implicazione di processi cognitivi nella percezione è ancora aperto. 
Il fatto che la mente non registri passivamente le informazioni sensoriali, ma le selezioni e le organizzi, ci interroga su come ciò possa avvenire.
La percezione è un processo attivo e dinamico di elaborazione degli stimoli sensoriali che procede attraverso l’analisi, la selezione, il coordinamento e l’elaborazione delle informazioni (Camaioni, Di Blasio, 2007, p. 60).
Alcuni teorici (Gibson, Gibson, 1955; teoria della Gestalt) ritengono che la percezione non richiede attività cognitiva, dal momento che le stimolazioni che ci arrivano hanno un proprio ordine, che i nostri strumenti percettivi ci permettono di cogliere. Lo sviluppo percettivo non riguarda perciò, perciò, il mettere ordine in un universo di sensazioni frammentarie, ma l’affinamento di strategie utili per la selezione di informazioni rilevanti.
Tatto, gusto, olfatto e udito sono già utilizzati nell’utero materno, ad es. il feto si succhia il pollice e sente la voce materna. 
Il bambino possiede quindi già alcune abilità, anche di tipo visivo.
Non è né il bambino descritto dagli innatisti, che possedeva già alla nascita delle capacità su cui l’ambiente non aveva influenza, né il bambino descritto dagli empiristi, visto come una tavoletta di cera su cui si imprimono i dati dell’esperienza.
Le capacità innate si sviluppano ulteriormente alla nascita, anche grazie alle stimolazioni ambientali e parallelamente ad altri sviluppi (ad es. lo sviluppo motorio consente al bambino di fare nuove esperienze percettive, così come lo sviluppo cognitivo consente l’uso di migliori strategie di esplorazione percettiva).

Prossima settimana approfondiremo il tatto.

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domenica 12 gennaio 2014

Magia, stregoneria, religioni, ecc. simboli e metafore che costituiscono le basi della visione del mondo diffuse nei gruppi.

Magia, stregoneria, religioni, ecc. simboli e metafore che costituiscono le basi della visione del mondo diffuse nei gruppi.
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Simbolo è ciò che sta per qualcos’altro in rapporto ad una legge, cioè un accordo tra i membri di una cultura.
Il “simbolo” si è specializzato presso gli antropologi come segno che riassume, compendia in sé non uno ma una serie di significati correlati e culturalmente condivisi a cui la comunità assegna un ruolo non secondario.

Immaginate per un attimo di far parte degli Azande un popolo dell'Africa centrale.
Nel vostro villaggio il solaio di una palazzina crolla perché distrutto dalle termiti.

Anche se gli Azande conoscono le cause reali di un evento, ad esempio il fatto che il solaio è crollato perché le termiti avevano roso le assi, la stregoneria viene sempre utilizzata per spiegare gli eventi in una chiave di lettura più profonda, implementando la spiegazione apparentemente più ovvia. Cioè: qualcuno ha fatto arrivare la propria stregoneria al punto da provocare quella sciagura. In questo senso la stregoneria assolve ad un ruolo teleologico (dal greco antico télos ‘fine’, cioè finalistico) nell’interpretazione del reale: esattamente come in un’altra cultura si può utilizzare la spiegazione di un evento sciagurato in chiave edificante attinta di solito alla sfera religiosa dell’esperienza (cfr. spiegazioni del tipo: “i disegni di Dio sono infiniti”, o l’idea che comunque gli estinti sopravvivano in un mondo ultraterreno, ecc.), la stregoneria offre una spiegazione teleologica ma di tipo non edificante, e così chiama in causa il suo complementare magico per rimediare in qualche modo al disequilibrio.
La cultura Azande offre altri modelli interculturali legati alla visione magico-stregonesca del mondo. 
Esistono fra di essi gli oracoli,  entità invisibili dotate del potere di rispondere ai quesiti in modo veritiero. Saranno gli oracoli a smascherare uno stregone, ad esempio. 
Gli oracoli Azande sono dei polli morenti  per del veleno che è stato somministrato loro ad hoc. 
Alla fine, di solito, lo stregone  designato dal responso è uno dei vicini, categoria sospetta per definizione, dato essi che conoscono tutto della famiglia confinante. 
Un messaggero si reca all’abitazione del vicino che ammette giurando di non essere consapevole della stregoneria ma di fare di tutto per bloccarla. Insomma, la stregoneria diventa un modo socialmente accettato per controllare comportamenti apparentemente fuori norma: la persona accusata di stregoneria ringrazia perché non sa di esserlo e indirettamente si sottopone al giudizio preventivo della comunità che la richiama all’ordine, senza che il comportamento possa reiterarsi e diventare lesivo.
Secondo l’antropologa Mary Douglas, esisterebbero tre tipi di stregoneria:
a. stregoneria compiuta da qualcuno estraneo alla comunità (in questo caso l’accusa di
stregoneria rafforza i legami di gruppo);
b. stregoneria compiuta da un membro interno (in questo caso l’accusa di stregoneria crea una
scissione ed una ridefinizione dei rapporti sociali);
c. stregoneria compiuta da un “pericoloso deviante” (in questo caso la stregoneria diviene un
modo per controllarlo e per difendere i valori espressi dalla comunità).

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