venerdì 29 giugno 2012

Cosa ci rende buoni o cattivi?

Cosa ci rende buoni o cattivi?

Cosa ci rende buoni o cattivi? 
E' una domanda semplice, ma profondamente inquietante. 
Una domanda a cui ora gli scienziati stanno iniziando a rispondere. Il documentario incontra i ricercatori che studiano le persone più terrificanti - i killer psicopatici. 
Ma c'è stato uno shock per uno di questi scienziati, il professor Jim Fallon, quando ha scoperto di avere il profilo di uno psicopatico. 
E il motivo per cui non è diventato un assassino ha implicazioni importanti per tutti noi.



Videocorso - Corso di PNL
Vuoi conoscere le "chiavi del successo" per raggiungere sempre i tuoi obiettivi e migliorare la tua vita professionale e privata.






e
studiate perché e' l'asino che tira il carretto. 

http://cervelloipu.blogspot.com/
kc3vgnd8w

  
   





Combattere i cattivi sentimenti e i pensieri che ci fanno stare male

Combattere i cattivi sentimenti e i pensieri che ci fanno stare male




Quando vi succede qualcosa di brutto scegliere un punto sul corpo.
Premete il punto scelto.
Immaginate che i pensieri, i sentimenti negativi, il dolore fisico sia assorbito in questo pento e vi rimane.
Ogni volta che succede qualcosa di brutto premete quel punto e lasciare che il male finisca li.
Per capire meglio questo vi darò alcuni esempi.
Vi e' successo di provare rabbia o di sentirvi male quando dovevate allontanarvi dalla persona cara?
Spingete il punto (esempio un punto del polso della mano sinistra) e pensate che i cattivi sentimenti vadano li.

Ovviamente il sistema funziona e utilizzatelo per sentirvi al meglio.
Ho fatto questo circa un mese fa e vi garantisco che il risultato è notevole.

Banlder Richard e John Grinder (i fondatori della PNL ) hanno studiato gli sciamani che fanno cose simili per far andare via il mal di testa e simili.
Ricordate che tutto è nella vostra mente ed è sufficiente dargli una scusa perché  i cattivi sentimenti se ne vadano via.

Quindi, d'ora in poi combatti i cattivi sentimenti con questa semplice ed efficace tecnica e poi torna qui a darci il tuo commento.


I Segreti della Salute
Come contrastare con i pensieri e le azioni l'insorgere di malattie causate da emozioni e sentimenti negativi







e
studiate perché e' l'asino che tira il carretto. 

http://cervelloipu.blogspot.com/
kc3vgnd8w

  
   


venerdì 22 giugno 2012

Imparare a dire addio

Imparare a dire addio



Imparare a dire addio è fondamentale nella vita: che sia per nostra decisione, per decisione degli altri o per questioni di fato, continuamente ci capita e ci capiterà di lasciare amanti, amici, lavori, posti, oggetti.
Per sempre o per periodi limitati, il distacco è una componente dolorosa, ma presente.

“Quando sono per sempre, gli addii dovrebbero essere rapidi”, diceva George Byron. Niente di più vero in alcuni casi: il taglio netto aiuta il distacco e cauterizza le ferite, salvo poi chiudere a doppia mandata il cassetto dei ricordi in tempi relativamente brevi.
In altri casi l’addio va celebrato lentamente e con solennità; quasi un rito, che ci faccia sentire comunque circondati da tranquilla routine: “In ogni caso, celebrare un distacco ha un valore terapeutico, serve a rimuovere gli ostacoli che impediscono di guardare avanti. Ed è la premessa di un nuovo inizio”, spiega Anna Salvo, psicoanalista e docente di psicologia dinamica presso l’Università della Calabria.

Prima regola d’oro: ricordarsi sempre che una fine segna sempre un nuovo inizio; nella fine è insito il principio. In parole spicciole, se si chiude una porta può aprirsi una finestra, o addirittura un portone (e non per buttarsi di sotto!).
Il problema è che nonostante questa consapevolezza più o meno radicata in tutti, spesso il dolore ci sconvolge e ci sovrasta, impedendoci di vedere le situazioni lucidamente e di fare serenamente le cose di tutti i giorni. Bisogna armarsi quindi di forza e di coraggio, e imparare anche alcune piccole “regole” che possono aiutarci a sopportare senza troppa sofferenza il temuto momento.

Cominciamo da un distacco più “tranquillo”, quello dagli oggetti.
Lasciare una casa; buttare via i vestiti vecchi; sbarazzarci di ricordi come foto, lettere, carte varie; telefonini (completi di foto e messaggini) rubati; ognuna di queste cose è faticosa e anche un pizzico dolorosa. Perché?
“Il carico affettivo da sopportare quando ci si separa da abiti, mobili, libri, è altissimo. Si dice che anche gli oggetti abbiano un’anima.
E’ vero, è la nostra anima: gli oggetti ci rappresentano. La nostra identità, infatti, è come un prisma dalle molte facce.
Noi proiettiamo desideri e rimpianti sulle cose che ci circondano e queste, a loro volta, ci restituiscono l’immagine di ciò che siamo o di ciò che siamo stati. Per questo opponiamo resistenze a lasciarli andare.
Ma l’addio si impone: l’eccessivo attaccamento può generare un senso di soffocamento, di ingombro emotivo”, sostiene Anna Salvo.
Per affrontare il distacco che è necessario, la psicoanalista ci suggerisce di pensare che nella vita non ci sono “facchini” pronti a sobbarcarsi il peso del nostro passato. Bisogna imparare a separarci dagli oggetti con un obiettivo preciso: evolvere. Perché nelle cose rischia di cristallizzarsi solo un lato di noi, che invece siamo fatti di tante sfaccettature preziose.
Liberarci del passato ingombrante significa fare passi in avanti. Accettare di lasciar andare via il passato che non ci ingombra, ma che per cause di forza maggiore non c’è più, è segno di crescita.


Continuiamo con un distacco più importante, quello dai familiari: riuscire a decidere di fare il grande passo e di andare via di casa non è mai facile, soprattutto se i familiari vivono male la situazione facendocela pesare. Oltre alla malinconia del distacco, si aggiungono così anche piccoli ricatti morali, che ci fanno sentire in colpa: troviamo la forza per superare entrambe le cose pensando che stiamo per immergerci in una sensazione di “beanza”, come viene chiamata in psicoanalisi, di pienezza; stiamo infatti entrando nel mondo dei “grandi”, siamo adulte, stiamo camminando da sole, con le nostre gambe.
E’ il motivo vero per cui i genitori ci educano, alla fine li renderemo orgogliosi e renderemo orgogliose anche noi stesse.

E concludiamo con l’addio per eccellenza, quello amoroso.
Lasciarsi: croce o delizia? Il distacco è qualcosa di “malinconico e vitale nello stesso tempo”, sia quando a decidere siamo noi, sia quando sono loro; il momento dell’addio è come un lutto e va celebrato con solennità e rispetto; va condiviso con altri, perché spesso si porta dietro un dolore troppo grande da sopportare da soli; ma va anche festeggiato: si rinasce pronti per una nuova vita.
La chiave è essere pazienti e aspettare che il naturale corso degli eventi ci porti a far prendere il posto della nostalgia alla leggerezza.

Imparare a dire addio infatti può voler dire anche utilizzare bene e a proprio vantaggio l’arma della leggerezza: un antidoto da utilizzare contro la sofferenza, prenderla a ridere, prendersi in giro, darsi alla pazza gioia per un po’ senza freni, affidarsi agli amici. E darsi del tempo, senza pensare troppo.

Quindi le parole chiave sono:
- evolvere
- crescere
- celebrare
- condividere
- festeggiare
- aspettare

Sono solo parole, è vero. Tramutatene anche una sola in concretezza: il carico si alleggerirà automaticamente. E la volta successiva vi sembrerà un poco più facile.
FONTE:http://www.girlpower.it


Addio Sensi di Colpa
Versione nuova

Ho Vissuto più di un Addio Da non perdere

Non è un Addio
Le risposte a tutte le tue domande sulla vita dopo la morte
Buono

Le Forme dell'Addio
Effetti collaterali dell'amore
Da non perdere

Non Dire mai Addio Da non perdere







e
studiate perché e' l'asino che tira il carretto. 

http://cervelloipu.blogspot.com/
kc3vgnd8w

  
   





La depressione post parto

La depressione post parto



La depressione post parto è un problema complesso e dalla diffusione crescente. Si stima che possa colpire fino al 15% delle madri.
L’esordio è sfumato e graduale, ma può anche essere molto rapido; avviene dal terzo mese al primo anno dopo il parto.


È importante ricordare che una depressione post parto non curata tende a cronicizzare, che la depressione della madre riduce le possibilità di sviluppare una buona sintonia col bambino, cosa che aumenta il disagio e complica la soluzione del quadro depressivo stesso.
La gravità può variare da episodi di depressione minore, (spesso non diagnosticati, perché il funzionamento della madre è apparentemente buono anche se i vissuti e le esperienze emotive sono di tipo depressivo, per il riemergere di conflittualità non risolte con le figure significative di riferimento) fino ad episodi di grave depressione maggiore.
Sintomi della depressione post parto

Le madri affette da questa patologia provano una eccessiva preoccupazione o ansia, sono estremamente irritabili e si sentono sovraccariche e sotto pressione; è spesso presente una generale difficoltà nel prendere decisioni, l’umore è depresso, sono frequenti sentimenti di colpa e perdita di speranza nel futuro unita ad una marcata perdita di interesse o di piacere nel fare le cose.

Sia il sonno che l’appetito sono compromessi: il sonno è disturbato (può essere presente insonnia o ipersonnia), e l’appetito può variare grandemente, dall’iporessia a franchi episodi bulimici; possono comparire sintomi fisici (solitamente dolori, parestesie, debolezza muscolare).

Alcuni sintomi specifici riguardano la relazione madre-bambino e spesso acuiscono nella madre sentimenti di colpa, vergogna e inidoneità al ruolo di madre. In particolare è molto frequente

Avvertire il bambino come un peso
Non riuscire a provare emozioni nei confronti del bambino
Sentirsi inadeguate nella cura del bambino, avere paura di restare sole con lui
Pensare di essere madri e mogli incapaci
Non riuscire a concentrarsi nelle cose quotidiane, che hanno a che fare con l’interazione madre-bambino (riconoscimento dei bisogni reciproci, sintonizzazione emotiva, le semplici cure parentali)

Articolo scritto dalla Dott.ssa Claudia Ravaldi
psichiatra, psicoterapeuta.
FONTE:http://www.unamamma.it/


Gravidanza, Parto e Periodo Post-Natale
Consigli utili per le neo-mamme dalla nascita allo svezzamento

Mamme Tristi
Vincere la depressione post parto







e
studiate perché e' l'asino che tira il carretto. 

http://cervelloipu.blogspot.com/
kc3vgnd8w

  
   


ITALIANI CHE BUGIARDI SUL SOCIAL CHE BUGIARDI, RITOCCANO LE FOTO.

ITALIANI CHE BUGIARDI SUL SOCIAL CHE BUGIARDI, RITOCCANO LE FOTO.


Siamo il popolo che mente maggiormente creando il proprio profilo online, secondo una ricerca promossa da Intel in nove paesi. Ma con un lato positivo: la spinta a eguagliare il nostro avatar qualche volta ci fa essere migliori nella vita di tutti i giorni.

BATTUTE sagaci e silhouette invidiabili. Qualcuno vanta anche avventure incredibili in giro per il mondo, interessi chic e giovinezza, del corpo e dello spirito. Ma è tutto vero? Il nostro io digitale non è sempre lo specchio fedele della realtà, anzi. Spesso riflette la voglia di essere migliori, una nuova identità verso la quale protendersi. Qualche piccola bugia poi, diciamoci la verità, ci rende più interessanti sui social network. E noi italiani siamo i campioni delle frottole online.

Sono per la maggior parte mezze verità o innocenti menzogne dichiarate in buona fede, sia chiaro. Ma il fenomeno interessa una persona su due. Secondo una ricerca promossa dal colosso americano dei microprocessori Intel, e condotta da Redshift Research in nove Paesi (Regno Unito, Polonia, Spagna, Italia, Repubblica Ceca, Paesi Bassi, Turchia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti), il 50% delle donne si concentra sulle foto mentre la metà degli uomini cerca di apparire più divertente e brillante di quanto non sia nel quotidiano, nella realtà. Se quindi una attenta selezione delle immagini, meglio ancora se con qualche ritocco, è il vezzo femminile per eccellenza, solo un uomo su quattro punta sull'estetica, preferendo evidenziale le sue doti (presunte) da seduttore.

Perché alla fine è questo il punto. Conquistare l'interesse dell'altro è l'obiettivo finale del 50% dei bugiardi social (tanti sono), tasso che scende al 33% se parliamo di donne. Altri buoni motivi per dire "bugie bianche" sono catturare l'attenzione di amici e conoscenti (55%) e nascondere le proprie insicurezze (40%). Da non tralasciare, ovviamente, il semplice narcisismo, o l'intenzione di fare colpo su potenziali datori di lavoro. Mostrandosi magari più intelligenti e colti (22%), e, perché no, chic, taggandosi in luoghi o eventi considerati di stile (18%). Senza dimenticare di ostentare le nostre, vere o presunte, avventure di cuore.

Ma il vero fenomeno è che, alla fine, a quel personaggio virtuale che si siamo creati vogliamo assomigliare davvero. Il 53% degli italiani (al contrario del 27% degli olandesi, ma meno del 76% degli egiziani) cerca di migliorarsi per adattarsi all'immagine che dà di sè. Si inizia con il prestare maggiore attenzione ai momenti belli della vita, scattando più foto e condividendo di più. E si continua con l'aumento della curiosità - più libri, ma anche più programmi tv - per non fare brutta figura nei dibattiti in Rete, colti o frivoli che siano. Finendo con maggiore cura del proprio corpo e del proprio abbigliamento. E tra i ragazzi, sale la voglia di partecipare agli eventi in compagnia di personaggi cool. Il tutto dedicando almeno una mezz'oretta al giorno al nostro avatar. Dallo smartphone sicuramente, ovunque e in qualsiasi momento - evitando così la paura della metà delle persone di restare sconnessi. Ma sempre meglio dal pc: più comodo, rapido ed efficace per gestire, magari contemporaneamente, i contenuti multimediali dei nostri più profili.

Eppure nel mentire su noi stessi non siamo furbi come pensiamo. Forse proprio perché lo facciamo un po' tutti, il 50% del campione sa riconoscere le bugie, dai veri fake alle menzogne più piccole. Come lo si sa? Il dubbio sorge proprio quando qualcosa sembra troppo perfetto per essere vero, se siamo poco pratici di fotoritocco o se non riusciamo a mantere coerenti i nostri pensieri con le nostre azioni. Attenzione poi a non finire tra quel 18% che non riesce più a distinguere tra bugie e realtà. O tra quelle persone che aggiornano troppo spesso lo status, condividono volgarità o non fanno altro che lamentarsi, magari sbagliando anche la grammatica. Non piacciono a metà degli italiani, tanto che l'80% vorrebbe una netiquette per una convivenza virtuale più civile. Vale la pena rischiare di vanificare il nostro sforzo di piacere, solo perché lo vogliamo troppo?

FONTE:repubblica.it


Bugiardi

Onestamente Bugiardi
Se mentire è bene, non esagerare è meglio







e
studiate perché e' l'asino che tira il carretto. 

http://cervelloipu.blogspot.com/
kc3vgnd8w