Riflettiamo insieme
Domanda fatta da Mauro - Ciao Marcella,
leggendo i tuoi articoli rifletto molto e mi sono posto questa domanda che ti giro per la risposta.
Le persone che vivono la realta' della scuola di ballo vedono i ''disabili'' anche a distanza di tempo sempre con questa etichetta o come ''semplici'' persone??
Ciao e grazie.
Mauro
Marcella Costato - Ciao Mauro,
hai fatto una domanda interessante: bella ma delicata.
Si potrebbe aprire un discorso infinito, ma cercherò di limitare le parole arrischiandomi a rispondere. Nutro la speranza di riuscire a farmi capire precisando che si tratta di riflessioni legate ad esperienze personali.
Inizio col ricordare come i più fortunati di noi, abbiano deciso di svolgere il proprio lavoro, professione o missione in base a scelte di forte interesse. Essi ne hanno individuato i valori, gli scopi etici e morali che col passare del tempo sono diventati, per molti, il centro della loro esistenza.
L’interesse per il lavoro e relativi valori, porta, taluni, ad identificarsi col lavoro stesso e a ritenerlo parte integrante della propria vita.
Ciò avviene per professionisti, artigiani, impiegati: chiunque svolga un lavoro, anche umile ma ricco d’interesse.
In questo modo può capitare ad un chirurgo, in sala operatoria, di mettersi a raccontare barzellette mentre il paziente atterrito, che guarda caso è una persona, si chiede in quali mani sia finito.
Allo stesso modo, un’insegnante parlando con un collega dei propri allievi, a cui è molto legato e anch’essi persone, li chiama confidenzialmente “ i miei handicappati”.
Sappiamo benissimo, però, che paziente e disabile, costituiscono il centro della professionalità di quel chirurgo e di quell’insegnante: ciò a cui hanno attribuito un grande valore. Quella “etichetta” di handicappato è in realtà un termine privo di valore.
Le “etichette vere”, quelle che a parer mio feriscono di più, sono la mancanza d’attenzione, d’ascolto, sono l’indifferenza o il volgere altrove lo sguardo, in presenza di chi chiede aiuto.
Sono convinta che conoscere o vivere accanto ad una persona, in qualunque situazione fisica o mentale si trovi, ci porti inevitabilmente a considerarla unicamente come “persona”.
In questo modo, allora, possiamo chiamarla come vogliamo, ma resterà sempre e comunque un individuo ricco di valori.
Essendo, soprattutto, un’insegnante di scuola secondaria, conosco maggiormente l’ambiente della scuola rispetto a quello del ballo Mi sento, però, di credere che il pensiero di un educatore sia improntato sugli stessi principi indipendentemente dal tipo di disciplina insegnata.
Mille grazie per la domanda e cari saluti!
Marcella
leggendo i tuoi articoli rifletto molto e mi sono posto questa domanda che ti giro per la risposta.
Le persone che vivono la realta' della scuola di ballo vedono i ''disabili'' anche a distanza di tempo sempre con questa etichetta o come ''semplici'' persone??
Ciao e grazie.
Mauro
Marcella Costato - Ciao Mauro,
hai fatto una domanda interessante: bella ma delicata.
Si potrebbe aprire un discorso infinito, ma cercherò di limitare le parole arrischiandomi a rispondere. Nutro la speranza di riuscire a farmi capire precisando che si tratta di riflessioni legate ad esperienze personali.
Inizio col ricordare come i più fortunati di noi, abbiano deciso di svolgere il proprio lavoro, professione o missione in base a scelte di forte interesse. Essi ne hanno individuato i valori, gli scopi etici e morali che col passare del tempo sono diventati, per molti, il centro della loro esistenza.
L’interesse per il lavoro e relativi valori, porta, taluni, ad identificarsi col lavoro stesso e a ritenerlo parte integrante della propria vita.
Ciò avviene per professionisti, artigiani, impiegati: chiunque svolga un lavoro, anche umile ma ricco d’interesse.
In questo modo può capitare ad un chirurgo, in sala operatoria, di mettersi a raccontare barzellette mentre il paziente atterrito, che guarda caso è una persona, si chiede in quali mani sia finito.
Allo stesso modo, un’insegnante parlando con un collega dei propri allievi, a cui è molto legato e anch’essi persone, li chiama confidenzialmente “ i miei handicappati”.
Sappiamo benissimo, però, che paziente e disabile, costituiscono il centro della professionalità di quel chirurgo e di quell’insegnante: ciò a cui hanno attribuito un grande valore. Quella “etichetta” di handicappato è in realtà un termine privo di valore.
Le “etichette vere”, quelle che a parer mio feriscono di più, sono la mancanza d’attenzione, d’ascolto, sono l’indifferenza o il volgere altrove lo sguardo, in presenza di chi chiede aiuto.
Sono convinta che conoscere o vivere accanto ad una persona, in qualunque situazione fisica o mentale si trovi, ci porti inevitabilmente a considerarla unicamente come “persona”.
In questo modo, allora, possiamo chiamarla come vogliamo, ma resterà sempre e comunque un individuo ricco di valori.
Essendo, soprattutto, un’insegnante di scuola secondaria, conosco maggiormente l’ambiente della scuola rispetto a quello del ballo Mi sento, però, di credere che il pensiero di un educatore sia improntato sugli stessi principi indipendentemente dal tipo di disciplina insegnata.
Mille grazie per la domanda e cari saluti!
Marcella
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Da qualche anno ogni volta che sento porre un'etichetta su eventi, persone, ecc. sento una scarica elettrica nel mio corpo.
Da quando ho iniziato a studiare la PNL, riesco a vedere "solo" persone, esseri umani.
Ho perso la classificazione "a dotto' " , geometra, dottore, ingegnere, cavagliere, commendatore, giardiniere, politico, operaio, psicologo, immigrato, marocchino, tunisino, francese, rapinatore, diversamente abili, sono un malato di...ecc.
Nettuno: 38enne violentata da un marocchino conosciuto da poco
Falso dentista denunciato, complice un medico dentista
Oggi i funerali dell’operaio travolto a Lugo da un’auto
Doppia multa alla disabile.
Ingegnere denunciato per il furto di pietre antiche
Da domani mi presento cosi'
Piacere Mauro autista di Saab 9.3.
o
Piacere Mauro italiano.
Nel mio mondo esistono solo Mario, Luisa, Franco ecc....e cio che sanno fare e far provare emotivamente.
Noi siamo stati, siamo e saremo esseri umani il cui cervello prende caso per caso la migliore delle decisioni in base alle conoscenze che noi gli abbiamo fornito indipendentemente dall'etichetta che ci siamo o ci hanno appiccicato.
Per chiarire meglio il mio concetto:
per me non esiste l'assassino ....esiste una persona che in quella circostanza non ha saputo trovare altra risposta che non rispondere violentemente e cosi' per tutte le altre etichette.
Piu' conoscenza abbiamo piu' risposte precise e utili sappiamo dare.
Per esempio essere in grado di vedere una persona che si muove su sedia rotelle come un semplice modo di spostarsi diverso dal nostro se stiamo camminando o simile se stiamo andando in bicicletta.
Negri, Froci, Giudei & Co.
Novità
Negri, Froci, Giudei & Co.
l'Eterna guerra contro l'altro
Dettagli
“L’unica cosa di cui dobbiamo aver paura è la paura.”Franklin D. Roosvelt
L’inondazione di odio in Internet, i cori negli stadi contro i giocatori neri, il risveglio del demone antisemita, le spedizioni squadristiche contro gli omosessuali, i rimpianti di troppi politici per “i metodi di Hitler”, le avanzate in tutta Europa dei partiti xenofobi, le milizie in divisa para-nazista, i pestaggi di disabili, le rivolte veneziane contro gli “zingari” anche se sono veneziani da secoli e fanno di cognome Pavan, gli omicidi di clochard, gli inni immondi alla purezza del sangue… Come a volte capita nella storia, proprio negli anni in cui entrava alla Casa Bianca il primo nero è rifiorita la pianta maledetta del razzismo, della xenofobia, del disprezzo verso l’altro che pareva rinsecchita nella scia del senso di colpa collettivo per il colonialismo, per le leggi Jim Crow negli Stati Uniti, per l’apartheid in Sudafrica e soprattutto per l’Olocausto.
Dal terrore dei barbari alle pulizie etniche tra africani, dalle guerre comunali italiane al peso delle religioni, fino alle piccole storie ignobili di questi giorni, Stella ricostruisce un ricchissimo e inquietante quadro d’insieme di ieri e di oggi del rapporto fra “noi” e gli “altri”.
Perché “la storia documenta una cosa inequivocabile: l’idea dell’‘altro’ non è affatto assoluta, definitiva, eterna. Al contrario, dipende da un mucchio di cose diverse ed è del tutto relativa. Temporanea. Provvisoria”.
Gian Antonio Stella
Gian Antonio Stella è nato ad Asolo (Tv) il 15 marzo del 1953, dove il padre insegnava, ma è originario di Asiago. Ha vissuto a Vicenza, dove ha frequentato il Liceo Classico "A. Pigafetta".
Inviato ed editorialista del Corriere della Sera, dopo essersi occupato di cronaca romana ed interni ed essere stato a lungo inviato nel Nord Est, da molti anni scrive di politica, cronaca e costume.
Antonio Stella è stato vincitore di alcuni prestigiosi premi giornalistici (dall’“È” assegnato da Montanelli, Biagi e Bocca al “Barzini”, dall’“Ischia” al “Saint Vincent” per la saggistica), ha scritto numerosi saggi di cui famosissimo il libro “la casta” uno dei più grandi best seller del 2007 scritto assieme a Sergio Rizzo.
L'ultima pubblicazione (maggio 2008) è il libro "La deriva" dal quale ci si aspetta il medesimo successo che ha avuto "La casta".
Inviato ed editorialista del Corriere della Sera, dopo essersi occupato di cronaca romana ed interni ed essere stato a lungo inviato nel Nord Est, da molti anni scrive di politica, cronaca e costume.
Antonio Stella è stato vincitore di alcuni prestigiosi premi giornalistici (dall’“È” assegnato da Montanelli, Biagi e Bocca al “Barzini”, dall’“Ischia” al “Saint Vincent” per la saggistica), ha scritto numerosi saggi di cui famosissimo il libro “la casta” uno dei più grandi best seller del 2007 scritto assieme a Sergio Rizzo.
L'ultima pubblicazione (maggio 2008) è il libro "La deriva" dal quale ci si aspetta il medesimo successo che ha avuto "La casta".
L'Attività Fisica Adattata per i Disabili
Dettagli
Il libro nasce da un progetto formativo, educativo e di sensibilizzazione per i giovani delle scuole superiori. L’obiettivo principale, che ne caratterizza anche l’originalità, è stato quello di indirizzare i giovani ad una sorta di identificazione nella realtà dei diversamente abili attraverso allo sport, ma con riflessioni e connessioni anche sulla realtà di vita quotidiana e di relazione, lavorativa, di studio e di occupazione del tempo libero.Particolare attenzione è stata posta agli aspetti educativi, sociali, culturali, didattici e metodologici con un raffronto con le realtà italiane ed europee.
Nel testo trovano spazio esperienze pratiche in diverse forme di sport per diversamente abili (p.e. torball, arrampicata, atletica per amputati, calcetto per sordomuti, tiro con l’arco in carrozzina).
Il progetto ha avuto un’ampia risonanza sul territorio ed una valenza regionale, nazionale ed internazionale, con ampi spazi nei mass media, sia della carta stampata,sia delle televisioni. Ha trovato il consenso ed il sostegno da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, dell’Agenzia Nazionale per lo Sviluppo dell’Autonomia Scolastica ha avuto il sostegno e il patrocinio della Regione Friuli Venezia Giulia e della Provincia di Trieste, e il patrocinio dell’EUPEA (European Physical Education Association), dell’Università di Trieste e di Udine, dell’Associazione nazionale Laureati in Scienze Motorie, del Centro Prevenire di Trieste e di tante associazioni nel mondo del volontariato.
Ha trovato il sostegno di numerosi testimonial campioni sportivi, atleti azzurri e olimpionici quali Dino Meneghin, Valentina Turrisini, Tania Romano, Alberto Tonut, Valentina Tauceri e atleti medagliati alle Paralimpiadi come Andrea Lisiak, Stefano Lippi, Alessandro Kuris e Paola Fantato, cinque ori in cinque olimpiadi diverse nel tiro con l’arco. E’ stato costituito un pool di “testimoni di Abilità Diverse” appartenenti a diverse categorie di disabili, lavoro, studio, sport ed età con funzioni consultive e propositive.
Il libro è indicato per gli studenti di scienze motorie, i diplomati ISEF, i laureati in scienze motorie, gli insegnanti di educazione fisica, gli insegnanti di sostegno, ma pure per gli studenti delle scuole secondarie.
L'Educazione Sessuale delle Persone Disabili
Guida per genitori e operatori
Dettagli
Sulla base di una chiara visione antropologica, il libro aiuta a comprendere che cos’è la sessualità per una persona disabile (con particolare riferimento alla disabilità mentale) e che cosa si può fare per sostenerla in questo suo bisogno affinché possa vivere l’esperienza comunitaria il più serenamente possibile.Nella prima parte Giuseppe Castelli offre un prezioso ausilio per approfondire senza ingenuità le varie questioni. La seconda parte, di Vittore Mariani, è propedeutica alla riflessione pedagogica e aiuta a predisporre itinerari educativi valorialmente fondati. Laddove si conclude l’analisi psicologica, inizia la proposta pedagogica. Ne risulta una guida completa, seria, leggibile e proficua per la quotidianità delle persone disabili e di coloro che sono chiamati ad accompagnarle nel cammino della vita; un manuale che tiene in considerazione l’unicità e irripetibilità di persone, relazioni e situazioni e che quindi lascia spazio alla professionalità, alla creatività e alla progettualità, senza fuorvianti pianificazioni. Un testo chiaro per genitori, familiari, educatori, operatori, responsabili di realtà per disabili, specialisti che vi troveranno spunti utili e rasserenanti. A dimostrazione che si può trattare un tema così delicato senza paure e senza enfasi, senza tabù e senza banalità, senza tentennamenti e senza eccessi.
Una Vela Diversa
Storie, interviste, racconti di vela e diversa abilità
Dettagli
Il libro Una vela diversa di Elisabetta Bigagli raffigura in copertina un gruppetto di piccole derive di una scuola di vela; le barchine hanno vele variopinte, quasi tutte di colori diversi. Uguali e diverse al tempo stesso.
Quando si è finito di leggere il libro si rimane con la sensazione di aver vissuto per anni nell’ ignoranza. Anche per chi si è sempre occupato di vela, sia da crociera o da regata, l’universo delle attività praticate dai disabili in questo sport risulta infatti abbastanza sconosciuto.
Per fortuna la Bigagli contribuisce con il suo libro a portare un po’ di conoscenza con una raccolta di testimonianze fra le più varie: atleti delle paralimpiadi, utenti e gestori di centri di vela o di agonismo per disabili fisici o persone con disagi mentali, crociere costiere o anche oceaniche come terapia di gruppo, dati tecnici di dettaglio sui vari modelli di barche… c’è da saziarzi con una gran mole di informazioni e notizie.
Di sicuro sarebbe piaciuto a Mauro Mancini, questo non-manuale. Mauro fondò nel 1968 una collana di manuali nautici e portolani disegnati, e proprio il primo volume della serie fu una serie di testimonianze su disavvenure diportistiche, raccolte sotto il titolo Giornate nere. Dopo la sua tragica scomparsa seguita al naufragio del Surprise di Ambrogio Fogar, ogni 10 anni, il Premio Mancini seleziona un manuale nautico inedito che viene pubblicato nella collana Il Tagliamare. Con un poco di ritardo, il premio del trentennale della tragedia del 1978 è stato assegnato appunto al volume di Elisabetta Bigagli.
Il libro si legge molto piacevolmente e apre nuovi orizzonti di conoscenza nautica. Alla fine del volume sono riportati moltissimi link a organizzazioni e strutture che si occupano della vela per disabili, e tutto il libro è permeato da un fortissimo auspicio: che la vela “diversa” non sia più relegata in secondo piano e che sia considerata con pari dignità della vela agonistica tout court. Un auspicio che ne nasconde forse un altro più generalista: che la vela sia davvero alla portata di tutti.
studiate perché e' l'asino che tira il carretto.
http://cervelloipu.blogspot.com/
kc3vgnd8w
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