Riconoscere la paura
Per esempio, provare affetto per una persona è diverso che dire quella persona mi emoziona; e si comprende bene quando diciamo che si può provare affetto per una persona che ci emoziona, così come si può essere o meno legati affettivamente a persone che ci possono emozionare o meno.
Uno strano modo di dire in medicina , ma come vedremo successivamente, coerente con la radice etimologica del termine, è quello di indicare la patologia come affezione , “Affetto da”; più strano può essere l’attribuzione napoletana, quando una persona ha, per esempio, una patologia alla gamba o ad un braccio, si dice “Ha la gamba offesa”, un termine questo che riecheggia una relazione intimo-affettiva tra la persona e l’arto sofferente.
L’ambiguità dei termini diventa più evidente quando sono rivolti a persone o cose con i quali si hanno dei legami importanti, appunto, sentimentali e/o affettivi.
Per esempio, dire “provo dell’affetto per quella persona” può sembrare un modo analogo che dire “provo dei sentimenti”, ma diventa del tutto specifico il termine “affetto” quando ci rivolgiamo ad una persona a noi cara, un genitore, un partner, rispetto ad un’altra persona qualsiasi, per esempio, un conoscente, un negoziante, la cassiera del bar o del supermarket, con i quali non ci sono tipi di legami affettivi.
E della paura cosa possiamo dire oltre che fa spavento?
La paura è la più primitiva tra le nostre emozioni e, quando raggiunge i suoi estremi, è la più
concreta e reale di tutte le sensazioni, capace di coinvolgere mente e corpo in una sequenza reattiva
così rapida da anticipare qualunque pensiero.
Il fatto che questo tipo di patologia dilagante sia così pervasiva e discriminante per chi ne è afflitto non significa tuttavia che sia una condanna dalla quale è impossibile liberarsi.
La paura, non è di per sé una forma di patologia anzi, essa è un’emozione fondamentale per
l’adattamento degli esseri umani al loro ambiente circostante.
Senza una dose di paura naturale non si sopravvive, poiché questa è la reazione che ci allerta di fronte a reali pericoli e che ci permette di fronteggiare tali situazioni dopo averle riconosciute come pericolose.
Il più importante criterio per definire una patologia fobica è proprio il livello di impedimento
esistenziale, di limitazione a cui costringe chi ne è affetto.
Quindi si può ritenere patologica una forma di paura che ci impedisce di realizzare le nostre capacità e i nostri desideri.
In queste condizioni ci troviamo di fronte a una patologia che necessita di essere trattata.
Come scrive Anais Nin:“ la vita si restringe o si espande in proporzione al nostro coraggio, o
viceversa alla nostra paura”.
Esistono infatti forme di tale disturbo che impediscono di vivere solo alcune situazioni, le fobie;
come ad esempio la paura dei serpenti, la paura dell’acqua, la pura dei luoghi chiusi, la paura di
prendere in aereo, di prendere l’autostrada, degli ascensori, dell’ anestesia...; altre che bloccano
completamente l’individuo, le fobie generalizzate e gli impediscono di vivere la maggioranza delle
esperienze come ad esempio la sindrome da attacchi di panico o le ossessioni compulsive e le
fissazioni ipocondriache.
Il costo più alto pagato da una persona bloccata dalla paura è quello esistenziale, in quanto la sua
vita è limitata e condizionata dalla paura.
Per esempio: una persona agorafobica che non è in grado, né di uscire da sola né di rimanere da sola, paga alla paura il tributo della propria possibilità di vivere.
Allo stesso modo una persona ossessionata dall'avere una malattia, il cosiddetto ipocondriaco , non riesce a godersi nulla della sua esistenza perché è continuamente attanagliato dalla paura di avere una malattia; così come il soggetto costretto da una fobia a ripetere complicati rituali ossessivi, che spende la maggioranza del suo tempo a cercare di difendersi dalla fobia diventando letteralmente schiavo delle sue ossessioni.
Bene ora come si riconosce sul volto di una persona la vera paura?
La mimica della paura coinvolge le tre principali zone del volto, sopracciglia, occhi e bocca.
Quando si prova paura, sul volto compare una particolare espressione rappresentata da:
sopracciglia sollevate e ravvicinate, il movimento delle sopracciglia crea delle piccole rughe orizzontali al centro della fronte
occhi appaiono con la palpebra superiore sollevata e quella inferiore contratta e sollevata, la parte bianca dell’occhio, la sclerotica, è scoperta.
bocca solitamente compare aperta e con le labbra tese o stirate all'indietro.
La paura spesso viene confusa con l’espressione molto simile della sorpresa a causa dei movimenti che coinvolgono sopracciglia e palpebre.
La differenza tra le due espressioni sta principalmente nelle sopracciglia.
Quelle della sorpresa sono inarcate e distanti tra di loro mentre quelle della paura sono sempre sollevate, ma tendono ad avvicinarsi e a rimanere più dritte.
Per quel che riguarda le palpebre nell'espressione della paura c’è una maggiore tensione.
Per approfondire:
La mimica della paura coinvolge le tre principali zone del volto, sopracciglia, occhi e bocca.
Quando si prova paura, sul volto compare una particolare espressione rappresentata da:
sopracciglia sollevate e ravvicinate, il movimento delle sopracciglia crea delle piccole rughe orizzontali al centro della fronte
occhi appaiono con la palpebra superiore sollevata e quella inferiore contratta e sollevata, la parte bianca dell’occhio, la sclerotica, è scoperta.
bocca solitamente compare aperta e con le labbra tese o stirate all'indietro.
La paura spesso viene confusa con l’espressione molto simile della sorpresa a causa dei movimenti che coinvolgono sopracciglia e palpebre.
La differenza tra le due espressioni sta principalmente nelle sopracciglia.
Quelle della sorpresa sono inarcate e distanti tra di loro mentre quelle della paura sono sempre sollevate, ma tendono ad avvicinarsi e a rimanere più dritte.
Per quel che riguarda le palpebre nell'espressione della paura c’è una maggiore tensione.
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